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Le balcon - 1975-76

autore: Jean Genet
traduzione: Giorgio Strehler
regia: Giorgio Strehler
scene: Luciano Damiani
costumi: Luciano Damiani
musiche: Fiorenzo Carpi
    


Appunti di regia dello spettacolo Le Balcon

Riflessioni sul testo originale, sulle diverse versioni dell'opera di Genet

LE BALCON

Nota al testo

     

     

Dal Programma di sala 1975/76

     

Il testo per questo edizione del “Balcon” di Jean Genet si fonda sulle tre diverse versioni che la storia di quest’opera permettono di identificare e di distinguere: la prima stesura del 1956, pubblicata dall’Arbalète, che è stata la prima ad essere rappresentata (all’Arts Theatre di Londra, il 22 aprile 1957, per la regia di Peter Zadek); la seconda del 1960, ancora per i tipi dell’Arbalète, che presenta notevolissime varianti rispetto alla prima e che rimane la più comunemente nota, figurando dal 1968 nel quarto volume delle “Ouvres complètes” pubblicate da Gallimard; ed infine – tuttora inedita – quella usata per l’allestimento diretto da Antoine Bourseiller nel 1969 a marsigli8a e nel 1975 al Théatre Recamier di Parigi.

Anche quest’ultima versione presenta notevoli varianti rispetto alle edizioni a stampa, e ad essa ha posto mano in qualche misura lo stesso Genet che proprio in quell’occasione aveva dichiarato di non essere soddisfatto del “Balcon” e di considerarlo – nella versione comunemente nota – superato ed ambiguo: “démodé et ambigu”.

Tralasceremo di considerare le modifiche operate ad ogni altro allestimento del “Balcon” avvenute per iniziativa dei vari registi al di fuori della partecipazione dell’autore e che si sostanziano spesso in ristrutturazioni vere e proprie, tanto cospicue quanto discutibili.

Sappiamo che a questi interventi Genet si è sempre detto contrario come del resto si è quasi sempre detto insoddisfatto del modo nel quale “Le Balcon” veniva messo in scena nelle varie parti del mondo. Egli ha più volte insistito affinché il testo del dramma non venisse toccato ed aha anche scritto alcune pagine di minute note di regia aggiungendo però – abbastanza curiosamente e contraddittoriamente – che “ovviamente questo non si rivolge a un regista intelligente il quale sa  quel che deve fare”.

La collaborazione di Genet alla versione messa in scena da Bourseiller contraddice dunque a questa sua riluttanza a vedere il testo alterato, ma si accorda d’altro canto con la sua dichiarata insoddisfazione per la versione comunemente nota.

E’ mia opinione che Genet sentisse – magari malgré sol – “Le Balcon” come un’opera incompiuta, non perfettamente risolta, e che a conti fatti e ad anni di distanza abbia tentato ancora una volta di trovare una “forma” più contemporanea ed attuale al “fantasma” drammaturgico che egli aveva agitato sui palcoscenici del suo tempo. E’ da questa esigenza che mi sono sentito autorizzato a mettere a punto – in una rigorosa e oggettiva interpretazione delle ragioni e delle finalità più profonde di questo lungo travaglio creativo – quella che può essere definita – senza nessuna pretesa di dire in merito l’ultima parola – la nostra versione del “Balcon” , oggi.

Base prima di questo lavoro di “edizione” è la versione del 1956 in quanto versione originale primigenia., e dunque più vicina all’invenzione poetica, all’intuizione dell’autore. Essa è stata integrata ove ci è parso giusto, attraverso un meditato confronto con la seconda versione, con la introduzione o la sostituzione non tanto di scene intere quanto piuttosto di battute particolarmente significative e illuminanti quale a d esempio la conclusiva battuta di Irma che manca nella prima versione. Della terza edizione ci siamo limitati ad accogliere la soppressione – per quanto sorprendente – delle scene dedicate alla rivoluzione e di quella ai giovani in blouson  noir, con la conseguenza che i personaggi di Roger e di Chantal non prendono più parte all’azione visiva, pur rimanendo presenti come necessità drammatica e come puntuale e pregnante riferimento emblematico. Per il resto è stata seguita la prima versione con l’eccezione delle due brevi scene oniriche in cui appaiono ad Irma i tre emblematici personaggi del Sangue, dello Sperma e delle Lacrime e la scena dei fotografi nell’ultimo quadro che nell’edizione del 1956 sono ancora il Sangue, lo Sperma e le Lacrime travestiti da paparazzi. I numerosi spostamenti di battute e di accenti drammatici operati nell’ambito del testo così strutturato appartengono ad una responsabile operazione di chiarificazione e interpretazione critica in tutto analoga a quella che comunemente si opera sui testi all’atto della loro proposta scenica. Un esempio a questo proposito è dato dal valore conclusivo assegnato alla battuta “Qualcuno che sogna” con la quale è Carmen – anziché il Plenipotenziario – a rispondere all’interrogativo aperto dagli spari che, soffocata la rivolta, continuano a echeggiare nelle strade.

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